venerdì 16 maggio 2014

La moneta del Gran Khan

"Or sappiate ch'egli fa fare una cotal moneta com'io vi dirò. Egli fa prendere scorza d'un àlbore ch'à nome gelso — èe l'àlbore le cui foglie mangiano li vermi che fanno la seta —, e cogliono la buccia sottile che è tra la buccia grossa e 'l legno dentro, e di quella buccia fa fare carte come di bambagia; e sono tutte nere. Quando queste carte sono fatte cosí, egli ne fa de le piccole, che vagliono una medaglia di tornesegli picculi, e l'altra vale uno tornesello, e l'altra vale un grosso d'argento da Vinegia, e l'altra un mezzo, e l'altra 2 grossi, e l'altra 5, e l'altra 10, e l'altra un bisante d'oro, e l'altra 2, e l'altra 3; e cosí va infino 10 bisanti. E tutte queste carte sono sugellate del sugello del Grande Sire, e ànne fatte fare tante che tutto 'l tesoro (del mondo) n'appagherebbe." (cap. 95)
 Ancora una volta la seta, anche se indirettamente, entra a far parte dell'economia orientale. Le banconote vengono create a partire dalla lavorazione della corteccia del gelso, le cui foglie vengono usate come nutrimento per i bachi da seta. Marco Polo ne parla con stupore, del resto un’idea del genere era lontana dalle menti degli uomini del suo tempo. In Europa, i primi biglietti nacquero solo nel XVII secolo.


Marco Polo non si limita a descrivere le banconote cinesi, ma ne porta seco a Venezia alcuni esempi. La tradizione narra che il viaggiatore veneziano sarebbe stato deriso dai suoi concittadini per i quali l’argento e l’oro delle monete sembravano assai più solidi e certi a differenza della carta che era poco credibile.

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